martedì 1 settembre 2015

Al parco naturale del Marguareis: integrazione contro razzismo

Da Cuneo un esempio di civiltà che, da solo, vale più di milioni di discorsi: venti ragazzi rifugiati, registrati come richiedenti asilo e provenienti da Kenya, Costa d'Avorio, Nigeria, Gambia e Senegal, di età compresa fra i 18 e 30 anni, sono stati accettati come volontari per lavorare, per un periodo di 3 mesi, alla manutenzione del parco naturale del Marguareis, uno fra i più belli del Piemonte. 

Organizzati in squadre, e coordinati da colleghi italiani, i ragazzi si occupano di pulire i sentieri, fare manutenzione nelle aree attrezzate e di accoglienza turistica; ma, soprattutto, si guadagnano con dignità l'accoglienza che ricevono, imparano un mestiere e la lingua, stringono relazioni amichevoli con le persone del posto e con i turisti.



Tutto questo nell'ambito del progetto "Parco solidale", promosso dal Parco del Marguareis in collaborazione con la Prefettura (la quale ha messo a disposizione anche dei mediatori culturali). Dice il commissario straordinario del Parco, Armando Erbì: per la prima volta accoglienza e integrazione dei migranti passano attraverso la presa in cura del patrimonio naturalistico del territorio che li ospita. L'iniziativa funziona, pensiamo di replicarla al Parco delle Alpi Marittime. 
E non può non funzionare: perché dove si offre vera partecipazione si ottiene vera integrazione.
Precisamente quello che ci serve, ma che la politica abbietta dei centri di accoglienza-lager gestiti in modo di alimentare mafie non ha interesse a fare. A quella politica conviene di più che gente disperata resti ammassata per anni in stato di detenzione, in un degrado in cui si producono solo rabbia e focolai di violenza: i preziosi ingredienti che servono invece a seminare razzismo e a nutrire velleità autoritaristiche.



giovedì 25 giugno 2015

Allegra celebrazione del femminicidio in piazza. Complimenti agli organizzatori e all’Assessore allo Sport Stefano Gallo

Canti e musica hanno celebrato la festa di San Giovanni in piazza Vittorio Veneto, a Torino; in questa suggestiva cornice un certo sig. Marco Carena ha allietato la piazza stracolma di famiglie, bambini, ragazze e ragazzi starnazzando frasi come “quando ti picchio il tuo sangue mi fa ancora impressione ma quando ti prendo a schiaffi è sempre una grande emozione” ... “Tu mi chiedi le cose per favore Io ti rispondo Cazzo vuoi? Ma ti amo e non dire che non è vero si ti amo quante storie per un occhio nero”.
Ma anche “una ragazza al sole si è addormentata in 170 l’hanno violentata, che bella estate!”.

Sul palco l’Assessore alla Sport della Città, Stefano Gallo. Dietro le quinte, a stabilire chi si dovesse esibire in questa occasione, e quali messaggi dovesse portare, ci chiediamo chi cavolo ci fosse e a che titolo abbia pensato bene di promuovere una simile schifezza e un tale insulto pubblico alle donne di Torino e a tutte le donne del mondo.

Il Comitato di Torino di SeNonOraQuando? ha giustamente dichiarato: "mentre in Italia, paese in cui, è bene ricordarlo, si uccide una donna ogni due giorni per il solo fatto che è donna, ci chiediamo se non si comprende che in un’ora di spettacolo si rischia di vanificare tutta l’opera di sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne che la Città, le associazioni e gli operatori del settore stanno facendo da anni. Auspichiamo che il Sindaco e l’Assessore chiedano scusa per questo inqualificabile episodio e vigilino affinché mai più la nostra città, da sempre in prima fila per il contrasto alla violenza di genere, promuova spettacoli simili".

giovedì 15 gennaio 2015

Bambine e leader

"Dalla parte delle bambine" di Elena Gianini Belotti è stato ripreso pochi anni fa da Loredana Lipperini, ex-candidata Tsipras nel mio collegio, con il suo libro "Ancora dalla parte delle bambine". Quasi quarant'anni di un femminismo più attento a far emergere la differenza donna/uomo, e a valorizzare quella delle donne, che a rivendicare diritti politici.
Un modo molto diretto di stare dalla parte delle bambine mettendosi in discussione come madri e tagliando la complicità con i padri e il loro potere. La più grande rivoluzione del Novecento, e senza spargimento di sangue. Un contributo del femminismo alla possibile convivenza pacifica in Europa e in Occidente, dopo l'orrore e i genocidi delle due guerre mondiali e di nazifascismo e stalinismo. Con un pensiero centrato sulle relazioni in un occidente ricco ed in espansione, liberato dai sensi di colpa del precedente colonialismo. Nel nostro paese negli anni ottanta, sotto tiro terrorista e della strategia della tensione, questo processo fu rallentato: la caduta del muro di Berlino nel 1989 aprì l'ultimo decennio del secolo alle speranze di un'Europa aperta, dove le poche donne politiche potevano finalmente misurarsi a disegnare un altro mondo possibile insieme agli uomini e in favore delle nuove generazioni che nel nuovo millennio avrebbero sperimentato pari opportunità. Quasi un decennio di fondi europei furono indirizzati a questo scopo e, nel 2007, si celebrò l'anno delle pari opportunità per tutti, coprendo l'insuccesso dell'Europa politica, uccisa sul nascere dai no referendari di Francia e Paesi bassi.
Dalla parte delle bambine per preparare loro un mondo migliore, ricordando solo saltuariamente quelle che erano le oppressioni e le violenze (dalle mutilazioni genitali, le lapidazioni, gli stupri di guerra e non, il mercato del sesso e il turismo sessuale, i matrimoni forzati delle bambine) dall'altra parte del mondo.
Intanto leader maschi in occidente ci preparavano la globalizzazione e le guerre del petrolio e, nel 2001, all'inizio del nuovo millennio Bil Laden, famiglia di miliardari amici USA, nato in Arabia Saudita, metteva a segno il più spettacolare atto terroristico alle torri gemelle e al Pentagono. L'ultimo decennio i leader ci regalarono crisi e miseria crescente, anche culturale e politica, guerre in nome della primavera araba e  resuscitate guerre fredde, e in ultim, il califfato IS  (che ormai possiede e vende petrolio), quello della Libia e Boko Haram. E ingiustizie sociali intollerabili, cambiamenti climatici disastrosi, inquinamento generalizzato, violenze che cancellano le più elementari norme di convivenza, barbarie e paura del futuro.
Ho voluto ricordare la storia misurata sulla mia vita, anziché addentrarmi in analisi più o meno articolate come quelle che stanno provenendo anche da settori del mondo femminista. Perché di fronte alle bambine immolate come bombe umane, stuprate e mutilate, come di fronte ai femminicidi a cui assistono o di cui sono vittime in tutto il mondo, io sono ormai senza parole. Questo è il mondo che avanza, amiche mie, nonostante noi.
Posso solo insistere: prendiamoci più potere possibile e smettiamo di rappezzare con la nostra cura un mondo in cui gli uomini continuano a regalarci queste civiltà. Elisabetta Addis mi lascia allibita, insieme a Merkel e le due o tre donne che aprono il corteo di Parigi nel triangolo dei potenti, quando si allineano agli uomini nel rivendicare la supremazia della civiltà occidentale.  Finché saremo sottomesse e violentate fin da piccole, in una qualsiasi parte di questo mondo globalizzato, di quale civiltà stiamo parlando?
Non mi stancherò mai di contrastare il potere maschile e di prefigurarne uno che ci riagganci alle società matriarcali. A Torino, con Soraya Post rifletteremo in marzo sulla rappresentanza femminista e con alcune relatrici della Secular Conference http://www.secularconference.com di Londra dell'ottobre scorso sulla laicità. Fondamentalismi, relativismo culturale, razzismi, neoliberismi sono espressione dell'incultura e del potere maschile  che sta perdendo ogni aspirazione di dignità e libertà e sta precipitando nella barbarie.
Aiutare noi stesse a dirigere i processi vuol dire aiutare  le nuove generazioni di donne e le bambine di tutto il mondo, in qualsiasi luogo del mondo si viva. E impedire che bambini siano costretti ad uccidere, che uomini adulti continuino a farlo con Kalashnikov o con coltelli, acidi,veleni, droni e missili. Non ci sono armi più civili di altre nè tantomeno morti che valgono di più. Gli eroi erano maschili come tutti i carnefici. Noi diciamo basta e sostituiamoci a loro. Ne va della sopravvivenza stessa del pianeta: 15 anni e poi i processi irreversibili innestati dall'homo faber nel suo percorso di conquista della natura e delle donne, faranno molti più morti dei kamikaze assassini.
Laura Cima

giovedì 8 gennaio 2015

Oggi Torino in piazza contro il terrorismo islamista

Giovedì 8 gennaio, h. 18: in Piazza Castello (davanti a Palazzo Madama), i torinesi, traumatizzati dall'orrendo attentato terroristico che mercoledì 7 gennaio, a Parigi, ha colpito la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, scendono in piazza a testimoniare la loro solidarietà alla Francia, alla libertà di espressione, alle persone democratiche di ogni fede.  In solidarietà con le vittime e le loro famiglie, con la professione dei giornalisti, e per riaffermare tutti insieme il sostegno alla democrazia in Europa e nel mondo. Dress code nero del lutto e/o verde della speranza. Cartelli Je suis Charlie e Je suis Hamed. Penne verso il cielo e candele accese. 
Niente bandiere politiche né di altro tipo: solo la volontà di restare uniti al di là di ogni convinzione e/o competizione.